Il linguaggio segreto di Schifanoia – Intervista con Gianluigi Magoni
L’intenso fascino di Ferrara riecheggia di antichi fasti e personalità eccezionali, fin dalla prima impressione spaziale e visiva. Importante e vitale centro culturale durante il Basso Medioevo e il Rinascimento, vide realizzarsi una delle più importanti progettazioni urbanistiche della storia europea moderna, l’Addizione erculea, ultimo ampliamento urbano operato nel 1492, per cui è stata definita da Jacob Burckhardt “la prima città moderna”. La lungimirante struttura urbanistica ha preservato la città dagli effetti dell’incremento demografico e l’ubicazione alquanto defilata l’ha, probabilmente, esclusa dal grande circuito economico. Si respira ancora l’incanto del passato nelle viuzze medievali deserte, all’imbrunire. E ancor più magico è il gioco di spazi e prospettive della zona rinascimentale.
Particolarmente interessante, per noi cultori dell’astrologia, è Palazzo Schifanoia, delizia estense, con il suo ciclo di affreschi astrologici unico al mondo, il Salone dei Mesi, che tanto affascinò Aby Warburg.
Purtroppo il ciclo non ci è pervenuto completamente e solo sette dei riquadri si sono salvati.
Ciascun mese è diviso in tre parti: quella superiore mostra il trionfo della divinità che lo governa, insieme a scene mitologiche e d’ambiente; quella mediana, color azzurro scuro, simboleggia il cielo e ritrae il segno zodiacale attorniato da tre figure; in quella inferiore si vedono scene di vita agreste e cittadina, nonché episodi della vita del Duca. Nel 1912 Aby Warburg presentò il suo studio sugli affreschi1 e fu il primo a risalire alle fonti che ne ispirarono i soggetti, come l’Astronomicon di Manilio per la fascia superiore che ritrae i Trionfi degli Dei e l’Introductorium in Astronomiam di Albumasar per la fascia centrale, nella quale egli ravvisa per primo i Decani, ovvero le costellazioni che sorgono con i segni zodiacali.
Gli studi sulle immagini dei Decani di Schifanoia hanno seguito, poi, una traccia iconologica basata sull’eredità dell’Astrolabium planum di Pietro d’Abano, ricerca complessa e priva di sbocchi, come nel caso degli affreschi del Palazzo della Ragione di Padova.
1 “Arte e astrologia nel Palazzo Schifanoja di Ferrara” Aby Warburg, Abscondita 2006
L’incontro
“All’ultimo Convegno di Archeoastronomia 2 ho presentato un breve intervento sui Decani di Schifanoia, che sono il mio cavallo di battaglia, ma dedico l’attenzione a tre figure che celano allusioni a stelle variabili. Le stelle variabili cambiano la loro luminosità nel tempo, alcune si affievoliscono e altre sembrano sparire, almeno a occhio nudo, naturalmente se vengono osservate con uno strumento si continua a vedere una leggera luminosità, però apparentemente spariscono. Nei Decani di Schifanoia vediamo rappresentate tre situazioni simili”.
La prima è il celebre Vir niger, figura di sinistra del mese di Marzo, nel segno dell’Ariete, che Warburg riconobbe nella descrizione di Albumasar del primo decano dell’Ariete, nel suo Introductorium maius : “Uomo di pelle scura, occhi rossi e corpo robusto, indossa un abito bianco cinto in vita da una fune, è irato e vigila ritto in piedi”.
Nella figura la fune è legata in vita con un nodo ad asola e l’uomo ne regge un capo, così che tirando la fune il nodo verrebbe a sciogliersi.
“La cosa più singolare – continua Gianluigi – è che la stella Mira, la più famosa fra le stelle variabili a scomparsa, va a cadere esattamente sul nodo della fune, che è destinato a sciogliersi e scomparire, come fa Mira periodicamente. E’ chiaro che l’ideatore delle pitture di Schifanoia sapeva del singolare comportamento di Mira e questo oltre un secolo prima della scoperta ufficiale, avvenuta nel 1596 ad opera di David Fabricius. Ma è probabile che gli Arabi queste cose le avessero già notate…”
La seconda si riferisce alla figura di sinistra del mese di Luglio, nel segno del Leone, che raffigura un albero, fra i cui rami è facilmente riconoscibile il tratto terminale (la coda) della lunghissima costellazione dell’Idra, sovrastata dalle due costellazioni minori del Corvo e del Cratere. Nell’angolo in alto a sinistra, appollaiato sull’estremità del ramo, si nota un grosso uccello che sembra spiccare il volo. Ma se un uccello spicca il volo non c’è più e in quel punto della Coda dell’Idra si trova la stella R Hydrae, anch’essa ‘variabile a scomparsa’, le cui strane proprietà sono state determinate da Giacomo Filippo Maraldi nel 1704.
Il terzo caso è quello rappresentato dalla figura più complessa e ricca di sorprese del ciclo, che corrisponde alla figura di destra del Toro, nel mese di Aprile. È la costellazione di Perseo ma occorre immaginarla capovolta rispetto a come la rappresentiamo di solito. Sappiamo che Perseo stringe nella mano destra una spada e nella sinistra tiene la testa di Medusa: nella costellazione la testa di Medusa è la stella variabile Algol o β Persei, ritenuta mostruosa per il suo comportamento anomalo, sicuramente notato prima della sua scoperta ufficiale avvenuta nel 1670 da parte di Geminiano Montanari. Nella figura di Schifanoia, Algol coincide con il piccolo drago che l’uomo tiene nella mano destra. La spada è sostituita da una freccia e le altre stelle compongono la positura delle gambe del personaggio. Anche il cavallo bianco e il piccolo cane trovano la loro singolare spiegazione astronomica: il primo corrisponde a un lembo della Via Lattea che fa da sfondo alle stelle di Perseo, vagamente somigliante a un animale; il cane invece coincide con il ben noto doppio ammasso h e ҳ Persei.
“È molto interessante notare – puntualizza Gianluigi – che spesso i dettagli delle figure o del loro abbigliamento, trovano spiegazione in caratteristiche dei corpi celesti a cui si riferiscono (naturalmente visibili ad occhio nudo) come galassie e nebulose, stelle variabili, stelle di colori diversi, ammassi, ecc.”
È stato quando è uscito “La tirannìa degli astri”, il libro di Marco Bertozzi e mi hanno dato l’incarico di farne una recensione. Mentre leggevo avevo la sensazione che in quelle figure ci fosse qualcosa che si poteva mettere in relazione più direttamente con le stelle. Nell’ipotesi iconologica Bertozzi confronta figure con altre figure che non si sa esattamente cosa siano, poi c’è la questione delle varie sfere nella tradizione, quindi alla fine è difficile arrivare a conclusioni. La prima figura di cui mi sono accorto è stata la signora in rosso dell’Ariete, è una donna accovacciata, come seduta su un cuscino o su un basso sgabello e nella posizione delle gambe che formano una W ho riconosciuto la costellazione di Cassiopea. Un’altra che è stata facile da identificare è quella dei Gemelli, dove troviamo due figure una di fronte all’altra. Un’altra ancora è la figura di destra dell’Ariete, un giovane che tiene in mano un cerchio: ho pensato subito che il cerchio potesse essere la galassia di Andromeda, perché tutte le fonti che parlano di Andromeda citano un cerchio, un’armilla. Quindi non è un caso, perché tutti interpretano ugualmente questa macchia molto leggera, dall’evidente forma ellittica: la figura di Schifanoia corrisponde perfettamente all’allineamento delle stelle di Andromeda. Inoltre il personaggio ha un medaglione sulla cintura che coincide con la posizione di Mirach, una gigante rossa.
Anche nel caso della figura di sinistra di Agosto, una donna che corrisponde alla forma della costellazione della Vergine con un mazzo di spighe in una mano e nell’altra una melagrana: Spica si colloca sul mazzo di spighe e la melagrana si trova in corrispondenza di δ Virginis, stella dal marcato colore rosso. Ancora: vi sono due figure che tengono un serpente alato, uno è Perseo nel segno del Toro e la stella corrispondente è Algol ; l’altra è situata sulla Poppa della Nave Argo, nel segno del Cancro, rappresentata in un personaggio che si difende da un drago alato, che corrisponde alla stella “mostruosa” ρ Puppis, la quale osservata a occhio nudo ha l’aspetto di una stella con le corna, dato che si compone con altre due stelline più piccole che le stanno dietro.
Una volta iniziata la ricerca, insomma, si è scoperto che nelle figure di Schifanoia è evidente un certo tipo di linguaggio.
Si, c’erano tutti e due contemporaneamente. Nella lettera che del Cossa scrisse al Duca Borso d’Este lamentandosi del magro compenso ricevuto per il lavoro eseguito a Palazzo Schifanoia, egli dice di non voler infastidire ‘pellegrino et altri’ e quindi chi sono questi altri? Questo è il problema…
Io interpreto che lui intenda dire ‘… lo dico a voi, Duca, che avete più benevolenza piuttosto che Pellegrino Prisciani e altri che hanno poca pazienza…’ Sono curioso….”
Sono proprio la curiosità e la passione la base di un entusiasmo che vedo brillare negli occhi di Gianluigi, da buon Gemelli!